Marija Gimbutas è nata a Vilnius in Lituania da genitori medici che nel 1918 avevano aperto il primo ospedale pubblico lituano; entrambi erano molto attivi per la difesa del patrimonio culturale, cosa che influenzò Marija sin dalla più tenera età. Gimbutas studiò archeologia, folklore, arte popolare e antiche religioni baltiche all’Università di Vilnius. Dopo mille peripezie riuscì a fuggire dalla Lituania durante l’invasione tedesca (come amava dire lei “in una mano mia figlia e nell’altra la tesi”) e riprese gli studi presso l’università di Tubinga, dove si laureò nel 1946 in Archeologia a indirizzo preistorico ed etnologico.
Nel 1949 si trasferì negli Stati Uniti con il marito ingegnere e le due figlie, e nel 1950 l’Università di Harvard le conferì l’incarico di scrivere un libro sulla Preistoria dell’Europa Orientale, che uscì nel 1956, e la nominò membro permanente della biblioteca e del museo Peabody. Nel 1963 si separò e si trasferì con le figlie in California, dove divenne docente di Archeologia Europea all’Università di Los Angeles, e curatrice della sezione di archeologia riservata al mondo antico presso il Cultural History Museum della stessa università. È autrice di oltre venti opere, tra cui I Baltici (Il Saggiatore, 1967), Goddesses and Gods of Old Europe, The Civilization of the Goddess, Le dee viventi (Medusa, 2005) e di più di duecento pubblicazioni su argomenti che spaziano dalla preistoria e mitologia dell’Est europeo alle origini degli Indoeuropei.
“Il Linguaggio della Dea” (Venexia, 2008) è forse il libro più noto della grande archeologa. Pubblicato per la prima volta nel 1989 negli Stati Uniti, è subito diventato una pietra miliare dell’archeomitologia e ha operato una rivoluzione radicale di prospettiva sulle origini della cultura europea.
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di Marija Gimbutas
Il Linguaggio della Dea (1989), pietra miliare dell’archeomitologia, ha rivoluzionato le prospettive sulle origini della nostra cultura. L’autrice è riuscita a ricostruire la civiltà arcaica dell’Europa Antica e a riportare alla luce la presenza centrale del femminile nella storia. I suoi studi spaziano dal neolitico all’età del bronzo. A sostegno delle sue tesi, esamina i reperti, in parte già noti e in parte da lei stessa dissepolti durante i suoi scavi nel bacino del Danubio e nel nord della Grecia, che comprendono un vastissimo repertorio di oltre 2000 manufatti, tutti riprodotti nel volume, mostrando i nessi dimenticati tra il mondo materiale e quello dei miti di una cultura raffinata, la cui genesi è alle radici del patrimonio culturale dell’Occidente. Il libro è stato curato da Selene Ballerini.